Paziente donna, 85enne, priva di fattori di rischio, giunge alla mia osservazione per una “second opinion”, dopo che un valente collega ORL, dopo averla visitata lunedì, le ha già programmato una biopsia in ospedale, alfine di un tempestivo inquadramento diagnostico-terapeutico. La paziente, vigile e collaborante, riferisce comparsa di una lesione a livello del mascellare superiore sx, lesione diventata nei mesi progressivamente sintomatica (attualmente dolore spontaneo). La lesione è stata notata dalla paziente circa un anno fa, ancora di picole dimensioni. Il dentista che la segue con regolarità non ha dato mai importanza alla cosa, in oltre 12 mesi. (!!!). La signora si è rivolta quindi ad un altro dentista, che l’ha inviata al vicino reparto ospedaliero di otorino, dove il collega le ha programmato sollecitamente una biopsia entro 4 giorni. La visito io stamattina, per la prima volta: fin da subito l’ispezione provoca spiccata dolorabilità. All’esame obiettivo la lesione occupa buona parte della cresta alveolare superiore (Q1 e Q2), infiltrando i fornici, ed estendendosi in mucosa geniena sinistra, per arrivare alla commissura omolaterale, con aspetto vegetante ed infiltrante, per coinvolgere in maniera ben visibile anche la cute periorale. Non posso che confermo il sospetto diagnostico, e ribadisco alla paziente la necessità di eseguire la biopsia nei brevi tempi accordati dal collega otorino.
Sono casi clinici che nel 2024 non vorremmo e non dovremmo più vedere. Ritardi diagnostici del genere, in pazienti seguiti con regolarità dal proprio dentista, non sono perdonabili. La paziente ha accumulato oltre 12 mesi di ritardo diagnostico, e la sua età avanzata non è un’attenuante. Tutti hanno diritto ad una diagnosi tempestiva, e a delle cure, quando queste siano ancora possibili.